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Violini di capra e camoscio

violígn (da caüra o da camos), viulín, violít (plurale)

Violini di capra e camoscio

In sintesi

Il violino è un salume ricavato dalla salatura e l'essiccazione della coscia o della spalla della capra o del camoscio, che viene prodotto nel Locarnese. Si consuma crudo, tagliato a fette. Il suo nome deriva dalla forma, che ricorda vagamente lo strumento, ma soprattutto dalla maniera di affettarlo: si impugna il prosciutto come se fosse un violino e il coltello a mo’ di archetto. "Soná al violín" è un'espressione che in Valle Maggia non significa soltanto "suonare il violino", ma si riferisce al taglio dello squisito salume.

Descrizione

Coscia (di capra o di camoscio) salata e essiccata: osso e muscolatura. Forma: ricorda il violino. Dimensioni: a seconda dell’animale, circa 40-50 cm di lunghezza e circa 20 cm di larghezza nel punto più largo. Colore: tendente al bordeaux. Peso: fra 1,5 kg e 2,5 kg.

Variazioni

Carne secca di capra o camoscio (violino disossato)

Violino di capriolo e violino di pecora

Ingredienti

Ingrediente di base : coscia (ev. spalla) di capra o di camoscio. Salagione : sale da cucina, salnitro, zucchero, pepe, noce moscata, cannella, alloro, aglio.

Storia

In Ticino, la capra viene allevata soprattutto nelle valli più impervie, perché è l’animale domestico che meglio si adatta a queste regioni. Perciò, l’origine dei prodotti derivati dalla capra è da cercarsi nelle valli più anguste del Cantone. Ancor oggi Valle Maggia e Val Verzasca si “contendono” l’origine del violino di capra.

Un'antica testimonianza dell'allevamento della capra e della tecnica di salagione e essiccazione delle sue carni è fornita da Hans Rudolf Shinz, alla fine del XVIII secolo nella sua Descrizione della Svizzera italiana nel Settecento (1783-87). Questo pastore protestante osserva nei territori dell'attuale Locarnese: "Le capre [...] richiedono tanta minor cura, in quanto possono restare al pascolo da marzo a dicembre, perché è raro che geli, e non devono quindi essere foraggiate in stalla nemmeno tre mesi. I contadini che possono permettersi di mangiar carne macellano una o più capre prima dell'inverno e ne consumano la carne salata ed essiccata". Schinz non parla direttamente di violini di capra, ma si può ben supporre che fra le carni utilizzate ci fossero anche le cosce e le spalle.

Alcuni testimoniano la produzione di violini intorno alla metà del XIX secolo. Della capra si utilizzava soprattutto il latte, da bere e per l'elaborazione del formaggio, e il capretto. Probabilmente il violino di capra è nato per l’esigenza di conservare la carne degli animali che non rendevano più, perché vecchi o perché non davano più latte. Mantenere queste capre non redditizie sarebbe stato troppo oneroso; occorreva quindi sopprimerle e ci si cibava allora della loro carne. Un produttore della Valmaggia assicura che alla fine del XIX secolo si uccidevano 100 capre all’anno e venivano tutte consumate in zona. Più tardi, negli anni 1930, le prime macellerie macellavano manzi per venderli, mentre le capre venivano mangiate dai locali. La capra è sempre stata la "mucca dei poveri": dell'animale si utilizzava tutto. Con gli arti si preparavano i violini, la schiena si consumava subito e con il resto delle carni, meno pregiate, si facevano lunghissime salsicce di capra: i famosi cicitt (vedi scheda).

Intorno ai violini di camoscio ci sono ben poche testimonianze antiche. Tuttavia, durante il XX secolo i violini, di capra e di camoscio, si sono diffusi in gran parte del Sopraceneri. Già nei primi anni del Novecento, in Val di Blenio, si conservavano cosciotti di camoscio appesi ai camini delle cucine insieme ai prosciutti di maiale. Negli anni sessanta poi, in Val Bedretto, Ottavio Lurati racconta che i viulít (plurale di viulín) di capra, venivano appesi a seccare sulla facciata della casa.

La mazza della capra avveniva in novembre e il violino era un cibo prettamente invernale. Da quando esistono i congelatori, i violini possono essere preparati quasi tutto l’anno, scongelando la coscia al momento voluto. In questo modo, si soddisfa la richiesta dei turisti anche in estate.

Violini di capra e di camoscio si producono con le zampe di questi animali ancor oggi, soprattutto da macellai-salumieri in tutta la Svizzera italiana ma anche privatamente nelle valli ticinesi e grigionesi

Produzione

La produzione del violino di capra e quella del violino di camoscio sono molto simili. Per entrambi la materia prima è la coscia dell’animale: il muscolo con l’osso. Alcuni produttori utilizzano anche la spalla. Nel caso della capra, si ricorre a capi meno valorizzati di altri: le bestie vecchie, che non producono più latte, oppure quelle troppo selvatiche e difficili da domare. La razza più usata è la Nera Verzasca, proveniente dalle montagne ticinesi.

Generalmente i violini vengono confezionati nei mesi di ottobre-novembre. Tuttavia oggi si continuano a produrre per tutto il periodo freddo, quando le mosche non sono un problema, mentre in estate la produzione cala notevolmente. Una coscia di capra può pesare fra i due e i tre kg, a seconda della pezzatura dell’animale. Le cosce dei camosci, che sono selvatici, sono generalmente più magre.

Il pezzo viene salato, calcolando il 2,5-3 % di sale e la stessa quantità di salnitro. Per il camoscio occore meno sale perché la carne è più magra. Al sale si mescolano un po’ di zucchero e spezie come pepe, noce moscata e cannella. Inoltre si aggiunge aglio tagliato a pezzi grossi (indicativamente: una testa per 10 kg di carne) e foglie di alloro sbriciolate. L’alloro serve ad aromatizzare, non bisogna però esagerare perché altrimenti la carne diventa troppo amara. Essendo la capra (così come il camoscio) già di per sé molto saporita, non occore profumarla eccessivamente. Alcuni, preferiscono i violini al naturale e usano solo sale. Altri invece aggiungono anche ginepro o rosmarino. Gli ingredienti vengono mescolati manualmente in una bacinella.

Le cosce vengono lasciate per una decina di giorni in cella a una temperatura di 4-5°C circa. Ogni due giorni vengono massaggiate perché il sale venga assorbito meglio. Poco a poco la bacinella si riempie del liquido sprigionato dalla carne.

I violini vengono poi lavati per togliere l’eccesso di sale ed erbe, asciugati al vento per circa due giorni e infine stagionati per 3-6 settimane. Il tempo di stagionatura varia a seconda della grandezza dell'arto. Quando è pronto per il consumo, il violino ha perso il 30-35% della sua massa iniziale. È un prodotto che si conserva per lungo tempo: bisogna solo evitare di lasciarlo in un posto troppo caldo o troppo umido.

Questo tipo di preparazione della coscia di capra è conosciuta in altre regioni alpine al di fuori del Ticino. Nell'alto Vallese il gigot séché de chèvre è un prodotto di nicchia, accanto a quello di mouton (si tratta però di muscolo di pecora disossato) che viene chiamato lammlidji. Vengono prodotti violini di capra e di capriolo anche a Poschiavo (GR); così pure in Valchiavenna, dove esiste un presidio Slow Food per il violino di capra, elaborato sia con le cosce che con le spalle dell'animale. In Piemonte troviamo anche violini di capriolo e in Lombardia di pecora. La tradizione della carne di capra salata e seccata è presente anche nelle valli di Maurienne e in Tarantasia (Alpi di Savoia).

Consumo

Questo prodotto prende il nome dalla sua forma che ricorda appunto il violino, ma anche dalla tecnica di taglio. L’osso della zampa funge da manico e la massa muscolare da cassa armonica dello strumento. Si impugna il violino dalla parte del manico e si tagliano delle fettine, tenendo la coscia come un violino e il coltello come un archetto, oppure mantenendo il prosciutto in verticale appoggiandosi a un piano.

Si gusta crudo, in antipasto, con pane e vino. Solitamente viene consumato in inverno. Essendo un prodotto molto saporito, il consumo nel periodo caldo, quando si preferisce restar leggeri, è minore.

Nella nostra società caratterizzata da nuclei famigliari sempre più ridotti, il violino risulta essere un po' troppo abbondante. Perciò viene consumato in certe occasioni speciali, durante i pasti in compagnia o in famiglia. Rappresenta inoltre un ambito regalo di Natale.

Importanza economica

Tenendo conto che il violino di capra e quello di camoscio vengono prodotti sia da professionisti che da privati, è impossibile quantificare la produzione totale della Svizzera italiana. Un produttore medio dichiara produrre circa 150-200 violini all’anno (75-100 capre), che vengono venduti in parte nella regione di produzione e in parte nei vicini agglomerati urbani. Fino agli anni 1990 venivano inviati anche in Vallese e Uri. L’epicentro della produzione sono la Valle Maggia e la Val Verzasca.

In quasi tutto il Sopraceneri però (eccetto nelle Centovalli, dove non si allevano capre) si elaborano e si vendono violini. Il violino di camoscio viene preparato prevalentemente dai cacciatori stessi. Inoltre, vi sono dei privati che acquistano una coscia e provvedono, a livello domestico, alla salatura e all’essiccazione.

Oggi un violino di capra costa circa 35-40 franchi al kg. Il violino di camoscio è un po’ più caro perché il resto dell’animale non viene sfruttato molto: costa circa 50 franchi al kg.

... ed inoltre

Alcuni produttori, accanto alla produzione di violini, fanno carne secca di capra. Come per il violino, si utilizza la coscia che si sala nello stesso modo. Una volta finita la salatura, si toglie l’osso e si appende il pezzo di carne infilato in una calza (per proteggere dalle mosche). La carne secca è meno saporita del violino perché la stagionatura con l’osso conferisce alla carne un sapore più deciso. I produttori ricorrono alla carne secca perché si vende più facilmente: è più pratica da tagliare e si possono ottenere pezzi più piccoli che i turisti acquistano per il loro pic-nic. Il violino invece, una volta iniziato, deve essere consumato relativamente in fretta e per farlo ci vogliono tante bocche!

Fonti

  • Bolla, Guido,   Aspetti di vita montana,   Tipografia ed.,   Lugano,   1935.  
  • Lurati, Ottavio,   Terminologia e usi pastorizi di Val Bedretto,   Società svizzera per le tradizioni popolari,   Basilea,   1968.  
  • Schinz, Hans Rudolf,   Descrizione della Svizzera italiana nel Settecento,   A. Dadò,   Locarno,   1985.  
  • Milano, Serena et al (a cura di),   L'Italia dei presìdi: guida ai prodotti e ai produttori,   Slow Food Editore,   Bra,   2002.  
  • Lurà, Franco (dir.),   Lessico dialettale della Svizzera italiana (vol. I-V),   Centro di dialettologia e di etnografia,   Bellinzona,   2004.  
  • Bordo, Walter et al. (a cura di),   Salumi d'Italia: guida alla scoperta e alla conoscenza: 209 tipologie tradizionali,   Slow Food Editore,   Bra,   2001.  
  • Vivere la montagna,   2007, n. 43.  
Prodotti carnei Print

Epicentro di produzione

Ticino (Valli del Locarnese e resto del Sopraceneri) e Grigioni italiano (valli di Poschiavo e Bregaglia, solo violini di camoscio)
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