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Cotechino

cotecotto, codegott (Mendrisiotto), cudeghin (Luganese; attenzione: nel Mendrisiotto cudeghin denomina la luganiga), cudigot

Cotechino

In sintesi

Il cotechino è una grossa salsiccia da cuocere diffusa nella Svizzera italiana e nel nord Italia. In Ticino, fino agli inizi del secolo scorso, la carne appariva in rarissime occasioni sulla mensa del contadino. Tutt’al più, ci si poteva permettere un cotechino, che era destinato al capofamiglia o veniva condiviso fra le numerose bocche della famiglia. E ciò succedeva in eventi speciali, come a Natale, "ul di da mangià la carna".

Descrizione

Salsiccia fresca di maiale. Forma: cilindrica e leggermente curva. Dimensioni: 25 cm di lunghezza e 4-6 cm di diametro. Colore: rosso; le parti grasse sono bianche. Peso : circa 400g.

Variazioni

Zampone: si ottiene con le stesse carni, ma è insaccato nella zampa del maiale.

Cappello del prete: parente stretto di cotechino e zampone, le carni sono insaccate nella cotenna cucita a tricorno.

 

Ingredienti

Carne di maiale: cotenna, orecchie, muso, lardo. Condimento: sale e spezie come cannella, macis, chiodi di garofano, noce moscata, pepe a grani interi e sale nitrato.

Storia

Il cotechino è una salsiccia a base di carni di suino. È nato come insaccato povero dall’utilizzo delle parti del maiale di seconda qualità: in origine era prodotto unicamente con cotenne. Il nome proviene da cotica, dal tardo latino cutica, vocabolo formato su cutis, che significa pelle (cute). La cotica infatti è la pelle del maiale, la cotenna.

Parente stretto del cotechino è lo zampone: un salsiccia molto simile che però, invece di essere insaccata in un budello di maiale, viene insaccata nella zampa anteriore senz’osso del suino. Il suo nome deriva dalla zampa che funge da involucro.

Queste due salsicce provengono dall’Emilia Romagna, regione dell’Italia settentrionale. Probabilmente sono approdate in Ticino solo nel XIX secolo. Un libro contabile di un negozio della Val Verzasca testimonia della presenza di cotechini : nel 1867, una donna acquista ben 9 cotechini per Natale. Allora il cotechino era destinato alla mensa natalizia. In un libro dei conti di un negozio del Mendrisiotto, fra i prodotti elencati nelle uscite che risalgono al 1840 circa, troviamo anche gli zampeti. Non sappiamo di che ingredienti fossero composti, ma possiamo dedurre che si trattasse di zamponi.

Si tratta di prodotti derivati dalla mazza del maiale : i contadini che possedevano un maiale lo uccidevano per salarne e/o insaccarne le carni, per poterle conservare. Questo avveniva in tutte le regioni della Svizzera italiana, una o due volte all'anno, in primavera e soprattutto in autunno, per garantire le provviste durante tutto l'anno. Per la preparazione di cotechino e zampone le carni da insaccare venivano tritate con la mezzaluna o con il coltello, mentre le spezie venivano pestate in un mortaio. La pasta veniva in seguito insaccata a mano utilizzando un imbuto sul cui cannello si fissava il budello da riempire.

Siccome il cotechino è un insaccato povero, si diffuse poco a poco su tutte le mense. Riscontrò subito un gran successo grazie al suo ottimo sapore e al suo basso costo, perlomeno in confronto alla luganighetta, ai salami o al prosciutto, perché era confezionato con le carni meno pregiate. Le parti migliori del maiale macellato erano invece vendute per procurare alla famiglia contadina i mezzi necessari ad affrontare le spese quotidiane. I cotechini si mangiano bolliti, ma un tempo venivano cotti anche sotto la brace, avvolti in carta paraffinata e fogli di giornale. L’involto veniva bagnato, sepolto sotto la cenere e coperto di braci.

La mazza casalinga è sempre meno diffusa dagli anni 1970, ma alcuni privati mantengono la tradizione allevando uno o due maiali per ricavarne salumi e salsicce per consumo proprio. Ciò avviene prevalentemente nelle valli e nelle famiglie contadine. In compenso la maggior parte dei macellai-salumieri propone ogni sorta di insaccati, fra cui beninteso anche cotechini e zamponi. Con i mutamenti delle abitudini alimentari e con il diffondersi di un modo di vita sedentario degli ultimi decenni, il cotechino si è "alleggerito" della percentuale di cotenna che conteneva, fino a farla addirittura scomparire. Trattandosi di un ingrediente poco nobile e poco digeribile, la cotenna non si adatta facilmente alle esigenze dei consumatori odierni.

Produzione

Il cotechino e lo zampone sono due insaccati composti da diversi tagli magri del suino a cui vengono aggiunti grasso, cotenne e spezie. Per confezionare il cotechino, si macinano polpa magra di maiale (ca. 60%), cotenne (ca. 10-20%), orecchie, musetto, lardo duro e schiena (ca. 20%). La cotenna della pancia è più tenera mentre quella della spalla è più dura e deve generalmente essere precotta. Oggi la proporzione di cotenna tende a diminuire anche fino a 5-10% o addirittura a sparire.

Le carni vengono tritate e mescolate con una miscela di spezie che varia da produttore a produttore e la cui ricetta si tramanda di generazione in generazione. In generale, vengono impiegati: cannella, macis, chiodi di garofano, noce moscata, pepe in grani e naturalmente sale nitrato sia per conferire il giusto colore alla carne sia quale conservante. Nella produzione artigianale a volte viene aggiunto salnitro. La pasta può essere condita con vino bianco, grappa o marsala. L’impasto viene infine insaccato nel budello di maiale e asciugato brevemente. A questo punto il cotechino è pronto per la commercializzazione.

La pasta per lo zampone è molto simile a quella del cotechino ma è più ricca di carne. Vengono impiegati soprattutto carne di testa di maiale, musetti, sottogola, guancia e pancetta. Questo impasto viene insaccato nella cotenna della zampa suina anteriore, senz’ossa e cucita a mano. Gli zamponi sono sottoposti ad uno o due giorni di asciugatura. Il sapore e la consistenza dello zampone sono in parte influenzati dalla ricchezza della materia prima dell’impasto, dalle spezie impiegate e, non da ultimo, dalla presenza di cotenna nell’involucro, rispetto al solo budello del cotechino.

Il cappello del prete è un parente del cotechino e dello zampone, ma più piccolo; è fatto della stessa pasta che viene insaccata nella cotenna cucita a forma triangolare, che ricorda il cappello che i preti usavano, in Italia perlomeno, alla fine dell’Ottocento.

I prodotti italiani corrispondenti, a causa della differente genetica dei suini, sono un po’ più grassi e risultano essere generalmente più untuosi.

 

Consumo

Il cotechino e lo zampone sono protagonisti delle feste natalizie. Sono tipici prodotti della mazza e perciò si producevano e consumavano in inverno. A Natale e capodanno, in Ticino, si mangiava un cotechino o uno zampone. O, se la famiglia era poco numerosa, un “cappello del prete”.

Oggi il cotechino è prodotto anche nel periodo estivo, almeno per quel che riguarda il prodotto industriale, data la richiesta da parte dei turisti. Lo zampone artigianale si può anche trovare fuori dal periodo della mazza, ma viene fatto solo su richiesta.

Prima di poter essere consumati, i cotechini e gli zamponi crudi devono essere cotti in acqua a fuoco lento per evitare che l’ involucro si laceri. Perciò oggi, per facilitarne la preparazione, gli zamponi sono venduti prevalentemente pre-cotti in sacchetti pastorizzati sottovuoto, più facili da preparare. Il cotechino fresco viene cotto in acqua calda a 70-80°C, per 40 minuti e fino ad un’ora a seconda della dimensione.

Lo zampone viene immerso nell’acqua durante una notte prima della cottura perché si ammorbidisca e si dissali. Dopodichè viene punzecchiato con una forchetta: questa operazione serve ad evitare che scoppi durante la cottura e che la cotenna si rompa. Occorre anche praticare con un coltello delle piccole incisioni sotto gli unghielli. Si avvolge quindi lo zampone in un panno e lo si chiude come una caramella con dello spago. Viene immerso in una zamponiera o in una pesciera, senza aggiunta di sale né odori. Si cuoce a fuoco lento per 3 o 4 ore. Cotechino e zampone vengono di solito consumati caldi e accompagnati da lenticchie oppure risotto o polenta. Li si può anche aggiungere come ingredienti in un bollito misto. Se sono precotti, si possono mangiare freddi, affettati, come antipasto.

La cotica del maiale, oltre che in salumeria, viene usata anche per condire la minestra o come ingrediente per la cazzöla, piatto che si può gustare in Ticino e nel Nord Italia, a base di costine e cotenne di maiale e di verze. Oggi le cotenne vengono sempre meno utilizzate come ingrediente in salumeria e in cucina perché sono difficilmente digeribili. Riguardo alla cotenna, citiamo Ottavio Lurati che scrive nel 1968, riferendosi alla Val Bedretto: “la cotica del porco che non è usata nelle salsicce, serve per ungere arnesi in metallo, seghe ecc”.

Importanza economica

La produzione nostrana è affidata a pochi salumieri e piccoli artigiani. Dato il loro grande successo, cotechino e zampone vengono anche elaborati da grossi produttori in maniera più industriale. Un produttore di un’azienda medio-grossa produce in media 200 kg di cotechini a settimana. Questi prodotti della regione vengono anche esportati oltralpe.

... ed inoltre

In Italia sono conosciuti il Cotechino Modena IGP, quello cremonese, anche alla vaniglia, e il cotecotto della Valtellina: questi prodotti vengono fatti stagionare per circa un mese al contrario del cotechino ticinese che si consuma più fresco. Anche nelle nostre regioni alcuni usano aromatizzarlo con vaniglia.

Lo Zampone Modena IGP, da cui probabilmente deriva lo zampone che troviamo in Ticino, fino al secolo XIX veniva chiamato zampetto e la sua composizione era simile a quella del cotechino, come si legge in La salameide, di Antonio Frizzi, pubblicato nel 1772: “Col nostro Cotechin come fratello / di Modena il zampetto a par cammina. / La camicia ha costui non di budello / ma della stessa cotica porcina”.

Fonti

  • Lurati, Ottavio,   Terminologia e usi pastorizi di Val Bedretto,   Società svizzera per le tradizioni popolari,   Basilea,   1968.  
  • Folklore suisse,   1990.  
  • Sesto convegno di studi sulla civiltà della tavola,   Edizioni dell'Accademia italiana della cucina,   Milano,   1982.  
  • Lurà, Franco (dir.),   Lessico dialettale della Svizzera italiana (vol. I-V),   Centro di dialettologia e di etnografia,   Bellinzona,   2004.  
  • Bollettino della Società storica locarnese,   Società storica locarnese,   Locarno,   2004.  
  • Le donne contadine ticinesi cucinano,   Redaktion Landfrauen kochen,   Liebefeld-Bern,   2005.  
  • Rinaldi, Pico,   Guida per l'apprendista macellaio salumiere,   S. A. Arti Grafiche già Veladini e Co.,   Lugano,   1933.  
  • Bottani, Sandro (a cura di),   Natale nel Ticino: raccolta di tradizioni e leggende,   Centro didattico cantonale,   Bellinzona,   1981.  
  • Atlante dei prodotti tipici: i salumi,   Agra Editrice e Rai Eri,   Roma,   2002.  
  • Guidicelli, Maryton e Bosia, Luigi,   Ticino a tavola: ricettario della tradizione alimentare,   Edizioni San Giorgio,   Muzzano,   1998.  
  • Bordo, Walter et al. (a cura di),   Salumi d'Italia: guida alla scoperta e alla conoscenza: 209 tipologie tradizionali,   Slow Food Editore,   Bra,   2001.  
Prodotti carnei Print

Epicentro di produzione

Ticino e Grigioni italiano. Si produce anche nel Nord Italia.

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