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Viande chevaline, Carne equina

In sintesi

Tra i fornitori di carne in Svizzera (e anche nel resto d'Europa) la carne di cavallo non occupa una posizione di primo piano. Nel 2017 sono stati consumati 50,01 kg di carne pro capite (8’540’000 abitanti, -1,9% rispetto al 2016), di cui 360 grammi di carne equina (-8%; Proviande 2018). Il consumo di carne equina è attestato fin dal Neolitico (reperti ossei in Borgogna) e non è mai cessato nonostante il divieto di Papa Gregorio III nell’anno 732 e una certa avversione difficilmente comprensibile a livello razionale.

Il consumo di carne di cavallo è una specie di tabù inespresso. I vecchi libri di cucina raramente contengono ricette a base di carne equina, nemmeno nel Giura svizzero, dove viene allevato il Freiberger, l’unica razza equina della Svizzera. Nel Giura è stato creato il marchio «Viande chevaline suisse l’Originale» (novembre 2017), per migliorare la creazione di valore (prezzo della carne) e favorire la preservazione della razza. Circa il 90% della carne equina consumata in Svizzera è di importazione.

Descrizione

Per carne equina si intende la carne degli animali del genere Equus, in particolare cavalli, asini e le forme addomesticate del cavallo selvatico o dell'asino africano. La carne equina è ritenuta sana, il suo colore è più rosso di quello della carne bovina; povera di grassi e colesterolo, ha un maggiore contenuto di ferro ed è ricca di vitamine, proteine e minerali.  Negli animali più vecchi resta comunque tenera e ha un sapore leggermente dolciastro, che dipende dall’elevato contenuto di glicogeno (glucosio).

Variazioni

Carne fresca o secca, salsicce arrosto, scottate o crude (essiccate), in parte mischiata con carne suina o bovina oppure trasformata in paté o terrina.  In Ticino sono noti soprattutto i salami e salametti di/con carne d’asino, ma ci sono anche i salami e salametti di carne di cavallo.

Ingredienti

Come carne fresca sono richiesti soprattutto tagli pregiati del quarto posteriore, come entrecôte, filetto, girello e coscia nonché la spalla del quarto anteriore; la carne meno ricercata del quarto anteriore viene tagliata a spezzatino, tritata, insaccata o utilizzata per terrine e paté.

Storia

Come animale, il cavallo è una preda. Da quando l’uomo ha scoperto le sue qualità, velocità e forza, le sfrutta. Quando non si era ancora in grado di addomesticare i cavalli selvaggi, essi venivano mangiati, sempre che si riuscisse a catturarli. Quando, ai piedi della roccia calcarea di Solutré nei pressi di Mâcon in Borgogna, sono state ritrovate migliaia di ossa equine preistoriche, è nata la tesi che gli uomini primitivi mettessero in fuga i cavalli per farli precipitare giù dalla rupe e poi mangiarli. Questa tesi è però controversa, molto più probabilmente si tratta di una leggenda. Con l’addomesticamento del cavallo nel periodo dal 4000 al 3000 a.C. (Europa centrale, steppe boscose dell’Europa sudorientale), il consumo della sua carne passò in secondo piano e si iniziò a utilizzare i cavalli come animali da tiro e da sella.  Questa forma di utilizzo era più conveniente rispetto all’allevamento per la carne. Infatti, in confronto a un manzo, un cavallo necessita di un terzo di mangime in più, poiché digerisce l'erba in modo meno efficace rispetto a ruminanti come i bovini e gli ovini. Inoltre, i cavalli consumano le calorie ingerite più rapidamente rispetto ai bovini.

Si può supporre che i cavalli vecchi o feriti venissero mangiati, cioè solo dopo la perdita del loro valore di utilità. Nel suo libro «Wohlgeschmack und Widerwillen – Die Rätsel der Nahrungstabus» (Ottimo sapore e avversione, gli enigmi dei tabù alimentari 1985): «Per tremila anni l'ascesa e la caduta degli imperi mondiali è letteralmente dipesa dalla forza dei cavalli, che venivano allevati per la loro velocità, resistenza e capacità di stare in piedi nel tumulto della battaglia e non per ottenere carne o latte».  Nel 732 Papa Gregorio III proibì il consumo di carne equina, in quanto aborriva i sacrifici rituali di cavalli con successivo consumo della loro carne in uso presso i popoli pagani del nord Europa.

Tuttavia solo raramente il divieto venne applicato con la stessa severità con cui era stato concepito.  Nelle Benedictiones ad mensas, una raccolta del monaco di San Gallo Ekkehart IV (ca. 1000), la riga 126 recita: «Sit feralis equi caro dulcis sub hac cruce Christi», cioè «che la carne di cavallo possa essere gustosa sotto questa croce di Cristo». Se poi alla tavola del monastero venisse effettivamente servito arrosto di cavallo «selvaggio» o inselvatichito (scappato), ovviamente non lo sappiamo.  «Sulla base dei ritrovamenti in castelli case padronali e insediamenti urbani e rurali dell’Alto Medioevo, non è possibile stabilire se il consumo di carne equina sia stato tabuizzato con l’introduzione del Cristianesimo nell’Europa centrale e, di conseguenza, non sia poi stato più praticato.  Come i cavalli, anche i buoi nella maggior parte dei villaggi venivano allevati principalmente come animali da lavoro e non per la produzione di carne e latte», scrive Anne Schultz in «Essen und Trinken im Mittelalter 1000-1300» (Cibo e bevande nel medioevo 1000-1300, 2011).

Nel «Thier-Buch» lo studioso zurighese Konrad Gessner (1516-1565) scrive: «La carne equina viene mangiata dai Sarmati, dai Tartari, dai Vandali e da molti altri popoli nonché, in caso di carestia, da guerrieri e soldati». Riguardo al latte di cavalla Gessner afferma: «Anche da questo latte si ottiene un formaggio, chiamato dai latini Hippace, che è molto apprezzato e che sembra venga consumato come quello di mucca.»

Concludendo: il cavallo è antieconomico e troppo costoso come animale da carne e troppo prezioso come animale da fattoria.  La carne equina veniva mangiata solo in situazioni eccezionali come in tempo di guerra, durante le carestie e quando capitava l’occasione:  un vecchio animale, mucca o cavallo, veniva mangiato perché qualsiasi altro utilizzo avrebbe rappresentato uno spreco. Con la rivoluzione francese alla fine del XVIII secolo iniziò la svolta con il passaggio dal divieto al consumo. Harris: « A Parig nel 1793 e nel 1794, durante il Regime del terrore, le teste dei nemici del popolo finivano nelle ceste ai piedi della ghigliottina e i loro cavalli nelle pentole delle massaie». Gli argomenti religiosi e sanitari contro il consumo di carne equina erano diventati sempre più difficili da sostenere e furono sostituiti da argomenti di carattere commerciale (i macellai tradizionali non volevano alcuna concorrenza) e morali (i cavalli non si mangiano).

Lo «spirito del tempo» e la ragione seppellirono la superstizione nella tomba del decaduto Ancien Régime. Nel 1866 il consumo di carne equina venne autorizzato in Francia, lo stesso anno fu aperta a Nancy la prima macelleria equina e due settimane più tardi aprì la seconda a Parigi.  «Le siège de Paris de 1870 a mis fin aux préjugés que l’on avait sur la viande de cheval comme aliment», scrive Joseph Favre, cuoco vallesano a Parigi, nel suo Dictionnaire universel de cuisine pratique (1994-1906), cioè «l’assedio di Parigi del 1870 pose fine ai pregiudizi nei confronti del consumo di carne di cavallo». Nel 1878 fu inaugurata a Londra la prima macelleria equina, riferisce poi Favre, che a Londra partecipò come cuoco alla preparazione di un «grand dîner fait de cheval exclusivement» organizzato da naturalisti e dal Jockey Club.

Con l’inizio dell'industrializzazione, cominciò a imporsi un ulteriore argomento. «Napoléon III voit en l’hippophagie un moyen d’améliorer la condition ouvrière et d’assurer la liberté de commerce», spiega Olivier Lapaire, che ha scritto una tesi di master sul tema «viande chevaline suisse» (Haute Ecole Spécialisée de Suisse occidentale, Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale, 2015); Napoleone III vede nel consumo di carne equina un mezzo per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e garantire il libero scambio. La carne di cavallo era più economica di quella bovina e ciò andava a vantaggio non solo delle famiglie a basso reddito, ma anche dei macellai che volevano aumentare i propri margini di profitto. Essendo simile alla carne di manzo, la carne equina può essere venduta come carne di manzo.

Per mettere fine ai traffici di questo tipo, le macellerie vennero separate: la macelleria equina poteva vendere solo carne equina e suina, ma non carne di manzo.  L’art. 83 cpv. 1 dell’Ordinanza federale concernente l'ispezione delle carni dell’11 ottobre 1957 recita: «La lavorazione, la produzione, lo stoccaggio e la vendita di carne di animali della specie equina e di prodotti a base di carne contenenti tali carni sono consentiti solo in locali speciali […]. Tali locali devono recare ben visibile un’insegna con la scritta <Macelleria equina>». Solo una volta garantita la protezione dalle truffe attraverso norme dettagliate sulla dichiarazione, il Consiglio federale, in data 1° marzo 1995, ha eliminato le limitazioni riguardanti la carne equina con la revisione totale della legge sulle derrate alimentari.

Secondo le stime di un ex vicedirettore dell'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, in Svizzera le macellerie equine dovrebbero aver raggiunto la massima diffusione negli anni ’30 con circa 200 esercizi. Nel 1984 le macellerie equine erano ripartite tra i seguenti cantoni Vaud (52), Ginevra (23), Berna (16), Vallese (11), Ticino (9), Neuchâtel (6), Zurigo (5), Friburgo (4), Basilea-Campagna (3), Argovia (3), San Gallo (3), Giura (2), Turgovia (2), Grigioni (2), Basilea-Città (1), Soletta (1), Sciaffusa (1), Zugo (1) – quindi con chiare preferenze regionali: 98 nella Svizzera Romanda, 38 nella Svizzera tedesca e 9 in Ticino (Fonte: Elenco dei membri dell'Associazione svizzera di macelleria equina). Dalla revisione del 1995, il numero delle macellerie equine classiche è diminuito; nel 2018 in Svizzera c’erano ancora circa 50 macellerie equine, le quali sono autorizzate a vendere lo stesso assortimento di carne di tutte le altre macellerie.

Nel XX secolo, in particolare dalla fine degli anni ’50, i cavalli hanno iniziato a essere utilizzati sempre meno in agricoltura, nei trasporti e nell'esercito. La vita è stata progressivamente motorizzata trasformando il cavallo in un animale utilizzato per lo sport, il tempo libero e, più di recente, anche per scopi terapeutici. Ha anche perso la sua aura di carne a buon mercato per la classe operaia perché, con lo sviluppo dell’allevamento di massa con metodi industriali, la carne di maiale in particolare è diventata sempre più economica e il potere d'acquisto nel frattempo è aumentato. Negli anni 2010, scandali e discussioni sull’allevamento di massa e il benessere degli animali hanno rilanciato il consumo di carne di cavallo, ma naturalmente in quantità inferiori (il gusto della carne equina fresca è particolare e un po’ dolciastro). Nonostante ciò, resta prevalentemente un tabù, non certo per ragioni legate a superstizione o divieti, bensì sulla base della preferenza o avversione individuale. Ecco perché, anche nel XXI secolo, numerosi proprietari di cavalli preferiscono abbattere e cremare i propri puledri e cavalli vecchi o selezionati per l’esclusione, invece di macellarli.

Quasi indenni da tabù, opinioni e pregiudizi analoghi sono invece asini e muli. Anch’essi da secoli vengono macellati e mangiati. Soprattutto in Ticino i salametti d'asino e di cavallo sono molto richiesti.

Produzione

In Svizzera meno di un decimo della carne equina consumata a livello nazionale proviene dal macello, il resto viene importato. Il numero di animali da macello è ripartito proporzionalmente tra tutte le razze rappresentate in Svizzera e parte del leone la fa l’unica razza equina autoctona: il Freiberger.  Oltre i due terzi delle nascite di tutte le razze sono distribuite tra i seguenti cantoni: Berna, Giura, Friburgo, Lucerna e Soletta. I puledri vengono al mondo in primavera e ca. il 40% viene selezionato per l’esclusione e macellato all’età di circa nove mesi («Vom Pferd», Proviande 2010). Vengono macellati anche i cavalli più anziani e, secondo Proviande, la loro carne è «tenera» rispetto a quella dei bovini più anziani.

Come carne fresca sono richiesti soprattutto tagli pregiati del quarto posteriore, come entrecôte, filetto, girello, coscia nonché la spalla del quarto anteriore; la carne meno ricercata, soprattutto del quarto anteriore, viene tagliata a spezzatino, tritata, insaccata o utilizzata per terrine e paté.

I cavalli non vengono ingrassati come accade per vitelli, manzi, maiali, tacchini e polli, bensì crescono prevalentemente su ampi pascoli del canton Giura o delle Alpi. Il tipo di allevamento favorisce il benessere degli animali e la bellezza del paesaggio, che assume così tratti caratteristici.

Consumo

In linea di principio la carne di cavallo viene utilizzata come quella bovina. Tuttavia è sorprendente che i libri di cucina, sia vecchi che nuovi, contengano poche ricette o addirittura nessuna. Può dipendere dal fatto che l’utilizzo del cavallo era clandestino, da tabù sociali o da altri motivi - in passato la figlia imparava a cucinare dalla madre e si poteva presupporre che chi stava in cucina avesse conoscenze ed esperienza notevoli, diversamente dal XXI secolo in cui la tecnologia consente di creare ricette con una precisione al millesimo di grammo o grado.  Inoltre, un tempo la gente comune e i contadini erano analfabeti, mentre i ceti sociali elevati non dipendevano dalla carne di cavallo, potendosi permettere anche altro.

Tuttavia sembra strano che le ricette a base di carne di cavallo praticamente non esistessero e non esistano. Non si trovano ad esempio ricette con carne di cavallo né in «Ächti Schwizer Chuchi» (1977) di Marianne Kaltenbach, né nel «Kochbuch» (1966) di Elisabeth Fülscher e nemmeno in «Ticino a tavola» (1976), in Vidoudez/Grangier «A la mode de chez nous – Plaisirs de la table romande» (2002) oppure in «Vieilles recettes de chez nous» (1987) dell’Association des Paysannes jurassiennes. Lo stesso vale per il «Libro de arte coquinaria» (seconda metà del XV secolo) di Maestro Martino, nato a Torre nella Valle di Blenio e per «Ein schön Kochbuch 1559» (per la cucina vescovile di Coira) e anche per «Ein Köstlich new Kochbuch» dell’autrice basilese Anna Wecker (1598). «Ein new Kochbuch» (1581) di Marx Rumpolt, cuoco personale di corte del principe elettore di Magonza, contiene tra le istruzioni su come cucinare 150 diversi animali un piccolo capitolo dedicato al cavallo con due brevi ricette per arrosti e salmì.

Importanza economica

La carne equina di origine svizzera copre un decimo del fabbisogno, che raggiunge i 360 grammi pro capite (2017). È ottima ma comunque a buon mercato a causa delle domanda ridotta. Più di due terzi vengono consumati nella Svizzera Romanda e nel canton Ticino. Tuttavia «malheureusement le prix à l’abattoir ne reflète pas la réalité économique», spiega Olivier Lapaire, cioè «sfortunatamente il prezzo al macello non riflette la realtà economica». In Svizzera non si vuole più produrre carne di cavallo, bensì migliorare il valore aggiunto contribuendo allo stesso tempo alla conservazione della razza Freiberger. A tale scopo e per far fronte alla concorrenza straniera, nel canton Giura nel 2017 è stato creato il marchio «Viande chevaline suisse - l’Originale» («Carne equina svizzera - l’Originale»). Inoltre, sono state sviluppate ricette insieme alla scuola di macelleria di Spiez (viande-chevaline-suisse; schweizer-pferdefleisch.ch).

... ed inoltre

In un articolo della rivista basilese «TagesWoche» (9.10.2014) sull’ultima macelleria equina di Basilea, il macellaio spiega che l’80% delle vendite viene realizzato con i clienti abituali. «Si tratta soprattutto di allevatori e privati, che fanno macellare i propri animali.» L’offerta spazia dai puledri ai cavalli adulti, mentre solo i cavalli da corsa e da dressage non vengono macellati perché «sono imbottiti di farmaci».

Fonti

  • Favre, Joseph,   Dictionnaire universel de cuisine pratique: encyclopédie illustré d'hygiène alimentaire,   Laffitte Reprints,   Marseille,   1995.  
  • Marvin Harris,   Wohlgeschmack und Widerwillen – Die Rätsel der Nahrungstabus,   Stuttgart ,   1988.  
  • Andréa Tischhauser,   Destins des chevaux – Emploi du cheval dans les montagnes neuchâteloises et en particulier à La Chaux-de-Fonds 1848-1918,   Centre d’études sur les relations entre l’animal et l’homme,   La Chaux-de-Fonds ,   1996.  
  • Sophie Réviron, Marc Boessinger, Line Arni,   Commercialisation et promotion des chevaux de la race des Franches Montagnes,   AGRIDEA,   Lausanne,   2011.  
  • Anne Schulz,   Essen und Trinken im Mittelalter (1000-1300): Literarische, Kunsthistorische und Archäologische Quellen,   Berlin/Boston ,   2011.  
  • Rudolf Weinhold,   Speisemeidung als Mittel soziokultureller Identifikation: das Exempel Pferdefleisch ,   in: Essen und kulturelle Identität – Europäische Perspektiven,   Berlin,   1997.  
  • Sylvain Leteux,   L'hippophagie en France : la difficile acceptation d'une viande honteuse ,   in Terrains et Travaux no 9 : Revue de Sciences Sociales (ISSN : 1627-9506, ESSN : 2104-3779),   Paris,   2005.  
  • René Donzé,   Mehr Pferde, aber weniger Fleisch,   NZZ am Sonntag,   Zürich,   Februar 2013.  
  • Olivier Lapaire,   Analyse de la filière «viande chevaline suisse» et recommandations en vue de pérenniser la race Franches-Montagnes,   Travail de Master HES SO ,   Genève-Delémont ,   2015.  
  • Stéphane Scheuener,   Viande chevaline suisse: une spécialité saisonnière et régionale,   Bern,   2008.  
  • Conrad Gessner,   «Thier-Buch» («Historia animalium»),   Zürich, Frankfurt am Main, Hannover,   1551-1558 .  
  • Joël Robuchon,   Larousse gastronomique,   Editions Larousse,   Paris,   1996.  
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